Fisico tedesco. Studiò all'università di Monaco, dedicandosi prima
alla matematica, e solo in un secondo momento alla fisica, seguendo a Berlino
(1877-78) le lezioni di G. Kirchhoff e di H. von Helmoz. Già
all'età di 21 anni, nel 1880, si pose in evidenza con una tesi di
dottorato sul secondo principio della termodinamica; l'interesse per questa
scienza lo accompagnò per tutta la vita e notevole fu il suo impegno per
ampliarne e chiarirne i concetti fondamentali, evidenziando, in particolare,
l'importanza della nozione di entropia, che pose al centro delle sue ricerche.
Nel 1889, dopo avere insegnato a Kiel, ricevette la cattedra di Fisica teorica
all'università di Berlino, dove fu direttore dell'Istituto di fisica
teorica fino al 1926; dal 1930 al 1935 fu presidente del Kaiser-Wilhelm
Institut, da cui diede le dimissioni per la sua opposizione al Nazismo. Le
ricerche condotte da
P. sul problema della radiazione termica del corpo
nero lo portarono alla formulazione di una teoria destinata a sconvolgere, nei
primi anni del Novecento, la concezione classica del mondo fisico; pur
esprimendo la propria perplessità sulla possibilità di spiegare,
mediante la sola meccanica classica, la seconda legge della termodinamica,
P. non condivise l'approccio probabilistico di L. Boltzmann al problema
dei fenomeni irreversibili. Si dedicò, pertanto, allo studio della
radiazione termica, con la convinzione che, a differenza delle ipotesi
atomistiche, fosse proprio il carattere ondulatorio e continuo della radiazione
a poter giustificare la tendenza irreversibile all'equilibrio termodinamico.
Verso la fine del XIX sec. era stato provato che la radiazione contenuta entro
una cavità chiusa, mantenuta a temperatura costante, era funzione
soltanto della temperatura, ed era identica alla radiazione che verrebbe emessa
da un corpo perfettamente nero alla stessa temperatura; la composizione
spettrale della radiazione di un corpo nero veniva descritta da varie formule
empiriche, mentre erano falliti tutti i tentativi di ottenere teoricamente
un'equazione che ne fornisse l'intensità in funzione della lunghezza
d'onda. La legge generale ricavata da Rayleigh e Jeans, che oggi sappiamo
rappresentare la corretta predizione della termodinamica e della meccanica
classica, risultò palesemente in contrasto con i valori sperimentali: la
difficoltà sembrava localizzata nel principio di equipartizione
dell'energia, basilare nella meccanica statistica, che implicava una
intensità di radiazione indefinitamente crescente al decrescere della
lunghezza d'onda.
P. intuì che il principio di equipartizione non
poteva essere aggirato se non con un completo distacco dalla meccanica classica,
e riuscì a prevedere il tipo di cambiamento richiesto: nel 1901
avanzò l'ipotesi in base alla quale un oscillatore di frequenza ν,
anziché poter assumere tutti i valori dell'energia, potesse solo prendere
quelli appartenenti ad un insieme discreto di valori equispaziati, pari a
nhν, dove
n è un intero e
h una costante
universale, ora nota come
costante di P.; l'unità
hν
di energia di un oscillatore, che secondo la sua proposta non poteva essere
suddivisa, fu chiamata da
P. quanto. L'ipotesi della
quantizzazione dell'energia, inizialmente concepita come un puro artificio di
calcolo, si sarebbe rivelata negli anni seguenti elemento fondamentale della
teoria dei processi fisici elementari, su cui N. Bohr basò la propria
teoria della struttura atomica. Nel 1910, dopo i primi lavori di Einstein sulla
relatività,
P. sviluppò studi particolari sull'aspetto
relativistico della termodinamica. A partire dal 1912 fu segretario
dell'Accademia delle Scienze di Berlino; nel 1918 ricevette il premio Nobel per
la fisica (Kiel 1858 - Gottinga 1947). ║
Costante di P.: costante
universale, indicata col simbolo
h, che lega l'energia
E di un
fotone alla sua frequenza
ν:
E = h ν; ha valore 6,626075
10
-34 J·s. ║
Costante di P. ridotta: costante di
P. divisa per
2π, indicata con il simbolo
ħ.